Sui due casi di colera a Napoli: di cosa si tratta e perché non è allarme epidemia

A Napoli il 3 ottobre c.a. sono stati registrati e ricoverati presso l’Ospedale Cotugno e l’Ospedale pediatrico Santobono, due casi di colera: una donna e il figlio di due anni, immigrati residenti in provincia di Caserta e rientrati da poco dal Bangladesh.

Nonostante le dichiarazioni rassicuranti delle Autorità Sanitarie locali e nazionali, diverse testate giornalistiche hanno riportato titoli sensazionalistici e alquanto allarmanti sul possibile ritorno del colera in Italia.

In questi casi, per contestualizzare in maniera corretta le notizie è d’obbligo chiedere il parere degli Esperti.

Noi, ne parliamo con il Prof. Massimiliano Galdiero, Professore Ordinario di Microbiologia presso il Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università degli Studi della Campania e Responsabile della UOC di Virologia e Microbiologia della AOU Vanvitelli, nonché membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Microbiologia (SIM).

Prof. Galdiero, ci spiega sinteticamente che tipo di malattia infettiva è il colera? Come si manifesta, come si trasmette e come avviene il contagio?

Il colera è una patologia infettiva provocata da batteri appartenenti al genere dei vibrioni così detti perché, all’osservazione microscopica, si presentano come bastoncelli con una caratteristica incurvatura che conferisce loro l’aspetto di una virgola. I sierogruppi di Vibrio cholerae che possono causare epidemie sono due: il V. cholerae O1 e il V. cholerae O139. Il colera si manifesta con molte scariche di diarrea acquosa, vomito, rapida disidratazione, abbassamento della temperatura. La perdita di grandi quantità di liquidi con il vomito e la diarrea può provocare stato di shock e se non si interviene opportunamente può essere fatale. La sintomatologia è principalmente conseguenza dell’azione della tossina colerica sulle cellule della mucosa intestinale dove provoca ipersecrezione di elettroliti e acqua. Il colera è una malattia a trasmissione oro-fecale, cioè può essere contratta in seguito all’ingestione di acqua o alimenti contaminati da materiale fecale di individui infetti, ed essendo i vibrioni in grado di sopravvivere anche in ambiente moderatamente salino come l’acqua di mare, i cibi più a rischio per la trasmissione della malattia sono quelli crudi o poco cotti e, in particolare, molluschi e crostacei.

Secondi recenti dati dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) in diversi Paesi in Africa, Asia e America del Sud si stanno verificando epidemie di colera. Tuttavia, nonostante questi outbreaks, ogni anno vengono segnalati pochissimi casi tra i viaggiatori di ritorno. Come si procede in quei casi, invece, in cui un viaggiatore di ritorno nel nostro Paese o un immigrato contrae l’infezione? Esiste una rete nazionale di sorveglianza?

La diagnosi è principalmente clinica ed è confermata dall’isolamento di V. cholerae nelle colture da tamponi rettali diretti o da feci fresche e le metodologie sono disponibili presso tutti i laboratori diagnostici presenti negli ospedali. Esiste una rete di sorveglianza epidemiologica italiana collegata alla rete di sorveglianza europea (The European Surveillance System) nella quale sono riportati tutti i casi confermati di infezione da V. cholerae. Tutte le procedure di contenimento sono, quindi, continuamente monitorate da parte del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) con il coordinamento dell’Istituto Superiore di Sanità.

Infine, Prof. Galdiero, una volta diagnosticata e trattata l’infezione nei soggetti affetti, sussiste oggi un reale rischio di epidemia di colera in Italia?

Fortunatamente le infezioni da V. cholerae sono facilmente trattabili con antibiotici ed esistono vaccini efficaci per evitare epidemie. Il principale intervento per il trattamento di casi di colera resta la reidratazione rapida e appropriata per via orale o, nei i casi più gravi, per via endovenosa. Il contagio diretto avviene per trasmissione oro-fecale mentre il contatto casuale con una persona infetta non rappresenta una via di trasmissione comune.

La possibilità di epidemie è generalmente legata a particolari condizioni di degrado in cui carenza di acqua potabile, inadeguatezza dei servizi fognari e inosservanza delle comuni norme di igiene personale facilitano la trasmissione di batteri rilasciati con le feci.

Considerando che la trasmissione della malattia necessita di una carica batterica molto elevata, questa diventa altamente improbabile in condizioni igienico-sanitarie normali.

 Suggeriamo, infine, di fare riferimento per taluni aspetti quali trattamento dell’infezione, utilizzo degli antibiotici ed efficacia dei vaccini disponibili, alla specifica pagina dell’Epicentro (ISS).

Fonti e pagine consigliate

https://ecdc.europa.eu/en/cholera

https://ecdc.europa.eu/en/publications-data/european-surveillance-system-tessy

http://www.epicentro.iss.it/problemi/colera/colera.asp

www.societasim.it

 

Di |2018-10-05T15:01:33+02:0005/10/2018|
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