Aspetti scientifici alla base dei test sierologici per SARS-CoV-2: analisi del The Lancet

Superata la fase uno della pandemia di COVID-19, allo stato attuale stiamo assistendo alla corsa per lo sviluppo e l’approvazione di test per la valutazione dell’immunità specifica a SARS-CoV-2.  Un recentissimo World Report, pubblicato su The Lancet, analizza alcuni aspetti scientifici dello sviluppo dei test anticorpali o test sierologici per SARS-CoV-2.

Altri problemi si riscontrano nella ricerca degli antigeni virali ottimali, anche se nel caso di SARS-CoV-2 la proteina spike è universalmente considerata il candidato più ovvio.  La proteina spike è, infatti, l’antigene principale che stimola la produzione di anticorpi neutralizzanti, ma essendo questa proteina responsabile dell’ingresso nella cellula ospite, il suo studio potrebbe rappresentare anche una strada per lo sviluppo di terapie per COVID-19.

Se la proteina spike è l’antigene più ovvio, tuttavia, quale parte della proteina usare lo è meno. Infatti, mentre alcuni ricercatori (Icahn School of Medicine di New York a Mount Sinai-NY, USA), stanno usando nei test anticorpali l’intera proteina leggermente modificata per migliorarne la stabilità, altri (Wuhan Institute of Virology in Cina), hanno usato la proteina del nucleocapside, perché più abbondante e facilmente rilevabile, e la proteina spike, perché più specifica.

La specificità della proteina spike è un fattore chiave nello sviluppo dei test anticorpali visto che maggiore è l’unicità dell’antigene, minori sono le probabilità di cross-reattività con altri coronavirus (falsi positivi). Il coronavirus più simile a SARS-CoV-2 è il coronavirus della sindrome respiratoria acuta grave (SARS-CoV), che ha portato allo scoppio della SARS nel 2002; ma è essenziale garantire che non vi sia reattività crociata anche con altri coronavirus come per esempio quelli del raffreddore comune, e questo è legato al fatto che i nuovi test sierologici siano in grado di selezionare sezioni della proteina spike che siano particolarmente distinte tra i differenti coronavirus.  A questo proposito, il Prof. Mauro Pistello, ricorda tuttavia che, CoV-NL63, un Coronavirus che infetta nelle prime fasi di vita ed è responsabile di infezioni respiratorie lievi o di modesta entità, utilizza lo stesso recettore di SARS-CoV-2 (ACE2). Non è escluso, quindi, che anticorpi anti-proteina spike di Cov-NL63 possano cross-reagire con gli antigeni dei test sierologici e, forse, possano in qualche modo contrastare l’infezione da SARS-CoV-2.

La stabilità genetica della proteina spike di SARS-CoV-2 è un fattore importante per capire se la reinfezione con un nuovo ceppo sia possibile. Su questo tema si sono espressi vari studiosi: Wang afferma che la proteina spike è altamente conservata; alcuni virologi ritengono che le reinfezioni con SARS-CoV-2 riportate dai media siano probabilmente dovute ad errati test di PCR; Hibberd sostiene che quando un soggetto produce anticorpi contro un particolare coronavirus probabilmente acquisisce l’immunità per tutta la vita. A supporto di questa ipotesi, possiamo guardare allo studio effettuato su un soggetto sopravvissuto a SARS-CoV che monitorato dopo 17 anni possiede ancora anticorpi neutralizzanti contro SARS. Un altro studio però, ci ricorda il Prof. Pistello, dimostra che IgG e anticorpi neutralizzanti diminuiscono dopo pochi mesi dalla guarigione e scompaiono in oltre il 10% dei soggetti dopo 3 anni.

Per maggiori informazioni

https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)30788-1/fulltext

https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMc070348?url_ver=Z39.88-2003&rfr_id=ori%3Arid%3Acrossref.org&rfr_dat=cr_pub%3Dpubmed

Fonti

  • Anna Petherick. Developing Antibody Tests for SARS-CoV-2. Lancet, 2020 Apr 4;395(10230):1101-1102.
  • Cao WC, Liu W, Zhang PH, Zhang F, Richardus JH. Disappearance of antibodies to SARS-associated coronavirus after recovery. N Engl J Med. 2007 Sep 13;357(11):1162-3.
Di |2020-04-28T18:30:12+02:0028/04/2020|
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